venerdì 7 agosto 2009

viaggiare, a volte, è meglio che arrivare

Anche se ormai ci siamo abbastanza ambientati in Kyoto, in questo post voglio parlarvi un po' del famoso viaggio di nove ore sulle linee locali giapponesi.
La sveglia è suonata alle quattro emmezza ma siamo riusciti ad andarcene dall'ostello solo una quarantina di minuti dopo.
Come al solito grazie all'efficienza delle ferrovie del luogo siamo in stazione in men che non si dica. E via.
Il treno che prendiamo non è come quelli a cui siamo abituati. Sembra più un treno della metropolitana di Milano. Anche se pulitissimo.
Usciti dall'area urbana di Tokyo la prima cosa che salta all'attenzione è la quasi totale assenza di stranieri sul treno. Anzi, dopo un'oretta siamo proprio gli unici nel vagone!
Inoltre cambia radicalmente anche il paesaggio. Vi ricordate i primi cartoni animati tipo judo boy o mimì? Beh siamo a quei livelli, la mia idea è che lì il tempo si sia un po' fermato. da circa trent'anni. La suburbia di Tokyo, l'altra faccia della medaglia.
Nei pressi delle stazioni più grosse invece il paesaggio urbano non differisce di molto da quello nostrano se non fosse per il fatto che la gente è realmente stupita di vederci. Nei loro sguardi non v'è diffidenza né tracce di pregiudizi verso noi occidentali; solo curiosità e stupore. Penso che qui l'immigrazione non sappiano nemmeno cosa sia. Inoltre per i lunghi spostamenti i turisti usano il Proiettile che quindi taglia fuori dal turismo tutti questi paesini. Una visitina però se la meriterebbero; chissà, forse nel prossimo viaggio...
Un ultima nota: le persone ci mettono effettivamente un po' a capire che siamo stranieri. La loro educazione li spinge infatti a non guardare gli altri in faccia se non per necessità, e quindi, a meno che non notino gli zainoni spesso riusciamo a passare inosservati. Quest'usanza sparisce con l'avvicinarsi delle città più grosse.
È solo con l'entrata nel Kansai (la regione dove si trova Kyoto) che cambiano i treni e troviamo quelli classici, con due file di due sedili e il corridoio al centro.
Ed è solo qui che una vecchietta si accorge con un sorriso che il Berry indossa una maglietta del Mazinga Z: infatti a loro fa uno strano effetto che uno straniero si interessi delle loro cose. Penso che ciò derivi dal fatto che a loro importa poco degli affari degli altri.
Fattostà che in una decina di ore scarse arriviamo davvero a Kyoto.

Un giorno scriverò anche di quello.

Arrivederci.

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